10/06/2013
Declaración de la Agencia Habeshia, de Cooperación al Desarrollo: Grupos de eritreos detenidos en condiciones inhumanas en los campos, en uno de ellos aparece la matrícula de la Comisión Europea.
Es alarmante la situación en Libia, según las palabras de Don Mussie Zerai, portavoz de la agencia Habeshia: el sacerdote eritreo toma partido de nuevo en la vanguardia de la lucha por la defensa de los derechos humanos - que están fallando claramente en Libia -, en la declaración han sido contactados algunos de los 54 eritreos, todos de fe cristiana, que tuvo lugar en el campo de Burshada (150 km de Trípoli).
Estos hombres, que huyeron de las guerras del dictador Isaias Afewerki, fueron detenidos por la policía después de cruzar la frontera con Libia, en un intento de llegar al norte, y conducidos a un campo de concentración en el que aparecen las matrículas de la Comisión Europea y de (la Organización Internacional de la OIM para las Migraciones, la institución internacional más importante para los Refugiados), según los testimonios de los jóvenes eritreos a través de llamadas telefónicas hechas eludiendo a las fuerzas armadas.
Historias desconcertante, a los que creen que tal vez con dificultad, si no va acompañada de las fotos tomadas con teléfonos móviles enviadas en secreto a la agencia Zerai: los presos se ven obligados a sobrevivir en un espacio extremadamente estrecho y parece que, según informes, que padecen la violencia de los militares - a menudo borrachos o drogados - que disparan al azar o les tiran piedras.
Pero no sería un caso aislado: también en el norte, en el campo de Surman, hay un grupo de más de un centenar de mujeres de diferentes nacionalidades - 95 son de Eritrea, Etiopía y 10 de los 10 países de África occidental - que viven en condiciones alarmantes. Baste decir que algunas están enfermas y necesitan atención, y que alrededor de una docena están embarazadas - entre ellas, algunas están en el octavo o noveno mes y nunca han sido visitadas por un médico cuando se encuentra en Libia -: entrega será en condiciones sanitarias muy pobres y en situación de hacinamiento sofocante. Con las mujeres, en esta estructura, también hay 15 niños, de los cuales el más grande es de 5 años de edad, el menor de los siete meses, y todo, según las cuentas, parece que sufren palizas, violencia, lesiones, la falta de los alimentos y el agua.
Sin embargo, en la región central, en una de las más grandes del país, en Sabha, hay un campo de concentración con 1.300 personas, en condiciones no son diferentes a los mencionados anteriormente.
Don Zerai insta a una acción inmediata con respecto a la situación de los campos de concentración de Europa, al igual que Europa debe exigir de inmediato el respeto de los derechos humanos en Libia y el fin de la persecución de los cristianos y de los grupos de origen subsahariano. También pide que se lleve a cabo el compromiso de la Comisión Europea para hacer uso de sus recursos y combatir las razones por las cuales estas personas se vieron obligadas a abandonar sus tierras: las dictaduras, guerras, persecuciones.
El 20 de junio será el Día Mundial del Refugiado.
¿Qué debo celebrar? ¿Qué celebras en una Europa que pretende no ver? Eso, cada vez más cerrada y xenófoba, cada día más medidas y leyes dirigidas a un cierre adicional contra los refugiados y los refugiados políticos?
El riesgo es el de la complicidad.
---------- Forwarded message ----------
From: valeria.sonda@alice.it <valeria.sonda@alice.it>
Date: 2013/6/11
Subject: Allarme Umanitario in Libia: denunciata la presenza di lager
To: mari.liberazioni@yahoo.it
http://www.oltremedianews.com/13/post/2013/06/allarme-umanitario-in-libia-denunciata-la-presenza-di-lager.html
( https://www.facebook.com/pages/OltreMedia/193241537370543 )
oltremedia.redazione@gmail.com
Allarme Umanitario in Libia: denunciata la presenza di lager
10/06/2013
From: valeria.sonda@alice.it <valeria.sonda@alice.it>
Date: 2013/6/11
Subject: Allarme Umanitario in Libia: denunciata la presenza di lager
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Allarme Umanitario in Libia: denunciata la presenza di lager
10/06/2013
Dichiarazione shock della Habeshia Agency Cooperation for Development: gruppi di eritrei detenuti in condizioni disumane nei lager; su uno di essi compare la targa della Commissione Europea.
Appare allarmante la situazione in Libia, stando alle parole di Don Mussie Zerai, portavoce dell'agenzia Habeshia: il sacerdote eritreo si schiera di nuovo in prima linea nella battaglia per la difesa dei diritti umani - che stanno evidentemente venendo meno il Libia - dichiarando di essere stato contattato da alcuni dei 54 eritrei, tutti di fede cristiana, detenuti nel campo di Burshada (a 150 km da Tripoli).
Questi uomini, fuggiti dalle guerre del dittatore Isaias Afewerki, sono stati fermati dalla polizia dopo aver oltrepassato il confine libico, nel tentativo di arrivare a nord, e condotti in un capannone sul quale sarebbero affisse le targhe della Commissione Europea e dello IOM ( International Organization for Migration, la più importante istituzione internazionale per i rifugiati), secondo le testimonianze dei giovani eritrei – telefonate fatte eludendo la sorveglianza dei militari.
Racconti sconcertanti, a cui si crederebbe forse con difficoltà, se non fossero accompagnati da foto scattate di nascosto con i cellulari e inviate all'agenzia di Zerai: i detenuti sarebbero costretti in uno spazio strettissimo e sembra, secondo le denunce, che debbano fare i conti ogni giorno con la violenza dei militari – spesso ubriachi o drogati – che sparano a caso sulla folla o vi tirano pietre.
Non sarebbe, peraltro, un caso isolato: ancora nel nord, nel campo di Surman, si trova un gruppo di più di cento donne di diversa nazionalità – 95 sono le eritree, 10 le etiopi e 10 di vari paesi dell'Africa Occidentale – che vivono in condizioni quanto meno allarmanti. Basti pensare che alcune sono malate e bisognose di cure, e che circa una decina sono in stato di gravidanza - tra queste, alcune sono all'ottavo o nono mese e nessuna è stata mai visitata da un medico da quando si trova in Libia - : il parto avverrà in pessime condizioni igienico-sanitarie e in uno stato di soffocante sovraffollamento. Con le donne, in questa struttura, ci sono anche 15 bambini, di cui il più grande ha 5 anni, il più piccolo 7 mesi; tutti, stando ai racconti, sembra che subiscano i mali del lager: percosse, violenze, sevizie, carenza di cibo e acqua.
Ancora, nella regione centrale, in uno dei campi più grandi del paese, a Sabha, sarebbero ammassate 1300 persone; le loro condizioni non sono dissimili da quelle sopra elencate.
Don Zerai sollecita un intervento immediato dell'Europa riguardo la situazione dei lager, Europa che deve altrettanto immediatamente esigere il rispetto dei diritti umani in Libia e il termine delle persecuzioni di gruppi Cristiani e di origine Sub sahariana. Si chiede inoltre l'impegno da parte della Commissione Europea ad accertarsi dell'utilizzo delle sue risorse nonché a combattere i motivi che spingono questi uomini a lasciare la loro terra: le dittature, le guerre, le persecuzioni.
Il 20 giugno sarà la Giornata Mondiale dei Rifugiati.
Cosa bisogna celebrare? Cosa celebrare in un'Europa che finge di non vedere? Che, sempre più chiusa e xenofoba, ogni giorno vara provvedimenti e leggi volti ad una maggiore chiusura nei confronti dei profughi e dei rifugiati politici?
Il rischio è quello della connivenza.
Giorgia Pratesi
Questi uomini, fuggiti dalle guerre del dittatore Isaias Afewerki, sono stati fermati dalla polizia dopo aver oltrepassato il confine libico, nel tentativo di arrivare a nord, e condotti in un capannone sul quale sarebbero affisse le targhe della Commissione Europea e dello IOM ( International Organization for Migration, la più importante istituzione internazionale per i rifugiati), secondo le testimonianze dei giovani eritrei – telefonate fatte eludendo la sorveglianza dei militari.
Racconti sconcertanti, a cui si crederebbe forse con difficoltà, se non fossero accompagnati da foto scattate di nascosto con i cellulari e inviate all'agenzia di Zerai: i detenuti sarebbero costretti in uno spazio strettissimo e sembra, secondo le denunce, che debbano fare i conti ogni giorno con la violenza dei militari – spesso ubriachi o drogati – che sparano a caso sulla folla o vi tirano pietre.
Non sarebbe, peraltro, un caso isolato: ancora nel nord, nel campo di Surman, si trova un gruppo di più di cento donne di diversa nazionalità – 95 sono le eritree, 10 le etiopi e 10 di vari paesi dell'Africa Occidentale – che vivono in condizioni quanto meno allarmanti. Basti pensare che alcune sono malate e bisognose di cure, e che circa una decina sono in stato di gravidanza - tra queste, alcune sono all'ottavo o nono mese e nessuna è stata mai visitata da un medico da quando si trova in Libia - : il parto avverrà in pessime condizioni igienico-sanitarie e in uno stato di soffocante sovraffollamento. Con le donne, in questa struttura, ci sono anche 15 bambini, di cui il più grande ha 5 anni, il più piccolo 7 mesi; tutti, stando ai racconti, sembra che subiscano i mali del lager: percosse, violenze, sevizie, carenza di cibo e acqua.
Ancora, nella regione centrale, in uno dei campi più grandi del paese, a Sabha, sarebbero ammassate 1300 persone; le loro condizioni non sono dissimili da quelle sopra elencate.
Don Zerai sollecita un intervento immediato dell'Europa riguardo la situazione dei lager, Europa che deve altrettanto immediatamente esigere il rispetto dei diritti umani in Libia e il termine delle persecuzioni di gruppi Cristiani e di origine Sub sahariana. Si chiede inoltre l'impegno da parte della Commissione Europea ad accertarsi dell'utilizzo delle sue risorse nonché a combattere i motivi che spingono questi uomini a lasciare la loro terra: le dittature, le guerre, le persecuzioni.
Il 20 giugno sarà la Giornata Mondiale dei Rifugiati.
Cosa bisogna celebrare? Cosa celebrare in un'Europa che finge di non vedere? Che, sempre più chiusa e xenofoba, ogni giorno vara provvedimenti e leggi volti ad una maggiore chiusura nei confronti dei profughi e dei rifugiati politici?
Il rischio è quello della connivenza.
Giorgia Pratesi
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